Legge 104, il licenziamento di un caregiver non è sempre accettabile. In alcuni casi il lavoratore può avere indietro il suo posto.
La Legge 104 nasce per tutelare gli interessi e diritti delle persone con disabilità e dei caregiver, le persone che se ne prendono cura. Le misure della normativa intervengono sul piano personale e assistenziale fornendo strumenti per semplificare gli ostacoli che ogni giorno incontrano sul proprio cammino.
Per i lavoratori caregiver poter contare sugli aiuti della Legge 104 è fondamentale. Prendersi cura di una persona con disabilità è stancante, richiede impegno, costanza, rinunce e fatica soprattutto quando le condizioni di salute sono gravissime. Riuscire a conciliare l’assistenza con la vita privata e quella lavorative è un’impresa da supereroe. Da qui la necessità di supportare i caregiver con le misure della Legge 104.
Di grande importanza le agevolazioni sul lavoro che garantiscono di preservare il proprio posto pur assentandosi a volte fino a 24 mesi (congedo straordinario) oppure tre volte al mese. Tra gli aiuti anche la possibilità di scegliere la sede di lavoro più vicina alla residenza del disabile. Per quanto riguarda l’orario di lavoro ci sono delle questioni da chiarire e la sentenza numero 180363 della Cassazione offre delle delucidazioni importanti.
Il licenziamento del lavoratore caregiver non è ammissibile in caso di rifiuto di un differente orario di lavoro ma al verificarsi di quali circostanze? Nel caso in questione un marito che accudiva la moglie invalida grave ha rifiutato un nuovo orario con doppio turno perché incompatibile con le esigenze di cura del coniuge. L’azienda lo ha licenziato dopo questo rifiuto per giustificato motivo oggettivo ossia per ragioni organizzative interne che necessariamente ponevano fine al rapporto di lavoro.
Inizialmente il ricorso del dipendente è stato accettato, poi il Giudice dell’appello ha dato ragione all’azienda. Questo perché il datore aveva diritto di usare le discrezionalità organizzativa e di gestione del luogo di lavoro alla luce delle difficoltà incorse. Ha proposto al lavoratore una soluzione e questo l’ha rifiutata. Non solo, il dipendente non è riuscito a provare che il nuovo assetto organizzativo avrebbe creato difficoltà nella cura alla moglie disabile grave.
In seguito a questa sentenza del Giudice dell’appello il lavoratore si è rivolto alla Cassazione continuando a sostenere una violazione dell’obbligo di repechange – ripescaggio – da parte dell’azienda. Secondo questo obbligo il datore deve controllare la presenza di posti di lavoro compatibili con il lavoratore prima di procedere con il licenziamento, anche con demansionamento.
L’accusa del dipendente, dunque, era che l’azienda non avesse svolto la procedura nel modo corretto. La Cassazione ha dato ragione al lavoratore avendo rilevato che l’azienda non aveva considerato una ricollocazione diversa con lo stesso orario per il caregiver che dal canto suo ha subito accettato un demansionamento. Il licenziamento, quindi, è stato invalidato.
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