Una nuova scoperta dal Giappone potrebbe spiegare perché il tuo gatto fa (o non fa) le fusa. Tutto si gioca sulla lunghezza di un gene, e no, non stiamo parlando di centimetri.
Che i gatti siano animali misteriosi lo sappiamo da sempre. Un momento ti ignorano con nonchalance, quello dopo ti si strofinano addosso facendo le fusa come un vecchio motorino in salita. Ma cosa si nasconde dietro questo comportamento? È solo affetto? Un trucco per ottenere qualcosa in cambio? O c’è qualcosa di più profondo che spinge i nostri amici a quattro zampe a “ronfare” ogni volta che li accarezziamo?

Per chi ha sempre pensato che le fusa siano solo una questione di buon umore felino, c’è una notizia che farà inarcare le sopracciglia. Una ricerca giapponese ha svelato che tutto potrebbe dipendere… da un gene. Proprio così, mentre noi umani ci scervelliamo per capire se il nostro micio ci ama davvero, lui potrebbe semplicemente star seguendo le istruzioni scritte nel suo DNA. Ma andiamo con ordine.
Quando la genetica fa le fusa: la sorprendente verità sul linguaggio segreto dei gatti
A fare chiarezza, almeno in parte, è stato un team di ricercatori dell’Università di Kyoto, guidato dalla biologa Yume Okamoto, che ha messo sotto la lente il comportamento di 280 gatti domestici incrociando le loro abitudini con l’analisi del DNA. Il sospettato numero uno? Un gene chiamato recettore degli androgeni, che ha un nome poco poetico ma un ruolo chiave nella storia.

Questo gene, che regola gli effetti del testosterone, esiste in due versioni: una corta e una lunga. E proprio questa piccola differenza genetica sembra avere un grande impatto sul modo in cui i gatti comunicano con noi.
Pare infatti che i gatti con la versione corta del gene siano dei veri chiacchieroni felini, sempre pronti a fare le fusa o a miagolare per attirare l’attenzione, soprattutto se maschi. Al contrario, quelli con la versione lunga tendono a essere più silenziosi, riservati, quasi filosofi della vita domestica.
Curiosamente, questa variante più “tranquilla” del gene si trova solo nei gatti domestici e non nei loro cugini selvatici, il che fa pensare che si sia sviluppata nel tempo, man mano che il gatto si adattava alla vita in casa.

E non è finita qui. I gatti di razza, quelli con pedigree e sguardo aristocratico, hanno più spesso la versione lunga del gene. Meno fusa, meno chiacchiere, più eleganza. I meticci, invece, specie quelli cresciuti per strada, sembrano aver conservato la versione corta, forse perché fare le fusa era un modo per cavarsela in un mondo meno comodo.
C’è poi chi sostiene che le fusa abbiano anche un effetto terapeutico: i gatti le fanno non solo per esprimere piacere, ma anche quando sono feriti o spaventati. Alcuni studiosi ipotizzano che le vibrazioni prodotte, tra i 25 e i 30 Hz, possano aiutare a guarire più in fretta. Insomma, un comportamento che sarebbe a metà tra un messaggio affettuoso e un piccolo intervento fisioterapico autoprodotto.
Questa scoperta ci ricorda che il mondo dei gatti è molto più complicato (e interessante) di quanto pensiamo. Le loro fusa, quel suono che ci fa sentire scelti, coccolati, importanti, non sono solo una questione di umore. Sono un mix di evoluzione, genetica e, forse, anche un po’ di strategia. E allora la prossima volta che il tuo micio si accoccola su di te e inizia a fare le fusa… magari sta solo seguendo il suo DNA.