La situazione riguardante le pensioni è sempre più critica per lo Stato e per i pensionati, di questo passo sempre più italiani saranno costretti a cercare delle entrate extra.
Il tema delle pensioni è spesso dibattuto a livello politico ed è stato strumentalizzato più volte in sede di campagna elettorale. I partiti promettono di abbassare la soglia d’ingresso, abbassando con vari escamotage il limite anagrafico imposto dalla Legge Fornero. Tale promessa risulta molto interessante a chi, dopo 40 anni di lavoro vorrebbe semplicemente godersi un po’ di meritato riposo, ma è davvero così che vanno le cose?

Se la soglia d’ingresso alla pensione è un argomento largamente dibattuto, spesso si sottovaluta un problema che è correlato e ben più pressante per chi quella soglia la raggiunge o riesce a precederla: l’ammontare dell’assegno pensionistico è spesso insufficiente a garantire la copertura delle spese mensili e di conseguenza una vecchiaia serena.
La domanda che bisognerebbe porsi è: che senso ha andare in pensione se poi l’assegno non permette di fare null’altro che pagare le spese mensili? In un simile contesto il pensionato medio si trova a fare la medesima vita che faceva quando lavorava – ovvero una routine casalinga senza possibilità di variazione – con in aggiunta l’assenza di un impegno quotidiano in grado di distogliere e fare passare le ore.
Nei casi peggiori già adesso diversi pensionati sono costretti a tornare a lavorare – magari facendo un part time o aprendo una partita iva – per integrare l’assegno pensionistico e riuscire a sbarcare il lunario. Ma ciò che preoccupa è che tale situazione sembra senza via d’uscita.
In futuro i pensionati saranno tutti costretti a continuare a lavorare?
Attualmente una buona parte dei pensionati gode degli effetti del sistema retributivo, mentre gli altri si avvalgono di un sistema di calcolo della pensione misto – contributivo e retributivo – con il passare del tempo saranno sempre di meno i pensionati che hanno versato contributi prima del 1996 e dunque sempre di più quelli inclusi nel solo contributivo.

Questo fattore sarà impattante sull’ammontare dell’assegno pensionistico, visto che il contributivo puro calcola l’importo mensile in base agli anni di lavoro svolti ma soprattutto in base alla retribuzione percepita. In un mondo del lavoro in cui l’ingresso si sposta sempre più in là nel tempo ed in cui precariato e nero riducono all’osso, i contributi versati saranno spesso insufficienti a garantire una pensione superiore ai 1000 euro.
Cifra che già oggi se non associata ad un altro ingresso economico – la pensione del coniuge o uno stipendio – è insufficiente a gestire i costi della vita e che un domani sarà poco al di sopra della soglia di povertà. Il problema a tal proposito è che oggi non si vede una soluzione possibile per evitare un simile scenario.
Oggi l’aspettativa di vita è molto più alta che in passato, il che si traduce in un aumento costante del numero di percettori della pensione di anzianità, inoltre il tasso di natalità è in costante decrescita e questo fa sì che non vi siano lavoratori sufficienti a garantire i contributi utili a coprire il costo delle pensioni.

Il ritorno all’attività lavorativa dei pensionati potrebbe sembrare una soluzione a quest’ultimo problema, ma potrebbe essere il contrario: già oggi i giovani faticano a trovare posti di lavoro, se un domani dovessero lottare per trovarlo anche con tutti i pensionati ci troveremmo di fronte ad una situazione catastrofica.
L’assenza endemica di posti di lavoro stabili e in grado di garantire un compenso che permetta di vivere dignitosamente, infatti, è una delle principali cause per cui gli italiani o non fanno figli o decidono di emigrare.